La Smart è stata la vettura per eccellenza a cambiare il modo in cui guidiamo in città. La storia però poteva essere molto diversa se questo marchio ci avesse creduto fino in fondo…
L’arrivo della famosa Smart Fortwo, auto così iconica per il marchio tedesco che viene spesso chiamata semplicemente “Smart” da chi la compra e la utilizza per destreggiarsi nel traffico cittadino dove i parcheggi sono un’utopia, ha cambiato radicalmente il modo in cui molte persone concepiscono la citycar. Inutile dire che la piccola di casa Mercedes-Benz ha dato vita ad una quantità incredibile di imitazioni, di qualità più o meno accettabile. Ciò che pochi sanno è che la Smart stessa potrebbe essere un’imitazione!
Abbiamo già visto qualche tempo fa come Fiat sia arrivata alla conclusione molto simile a quella raggiunta dal marchio tedesco che un mezzo simile sarebbe stato un vero successo sul mercato. Prima ancora però, un’altra casa tedesca già nel 1995 aveva riflettuto sulla possibilità di creare una citycar “intelligente” in grado di infilarsi in qualsiasi buco, parcheggiare ovunque ed affrontare il traffico con la destrezza di uno scooter.
Stiamo parlando di Opel, altro brand che, guarda che coincidenza, fa sempre parte del Gruppo Stellantis, evidentemente un pioniere in questo settore ancora prima che i marchi che ne fanno oggi parte si unissero assieme. L’auto che stiamo per vedere sembrerebbe a tutti gli effetti uno dei tantissimi cloni di Smart se non fosse che è nato poco prima. Infatti, il progetto nacque già nel 1983 ma per il suo arrivo al pubblico, si parla del 1995 mentre la prima Fortwo non è uscita dalle fabbriche della casa prima del 1996.
L’alternativa allo scooter con quattro ruote
Sarebbe stata un successo commerciale? E’ altamente probabile che i dirigenti ed i progettisti di Opel del tempo convivranno a lungo con questa domanda dato che la Opel Maxx, questo il nome della piccolissima concept car presentata in quegli anni al pubblico, non è mai stata costruita in serie. Con una lunghezza di poco inferiore ai 3 metri ed altezza e larghezza pari allo stesso modo a 1,58 metri, la Maxx poteva davvero infilarsi ovunque. Il peso era invece di appena 650 chilogrammi in assetto di marcia.
La vera qualità della vettura però era la carrozzeria modulabile che permetteva, con pochi rapidi gesti, di passare da quattro a due posti, reclinando o estendendo i sedili posteriori per fare più spazio ai bagagli. La dotazione di bordo? Di prim’ordine per l’epoca con ABS, sovrastruttura in alluminio per limitare i rischi in caso di sinistro, sospensioni McPherson e perfino air-bag di serie.
Dal punto di vista delle prestazioni, il vivace motore da 50 cavalli non aveva nulla da invidiare a quello di altre citycar dell’epoca. Presentata al Salone di Ginevra, l’auto non ebbe seguito. Purtroppo. Non possiamo fare altro che consegnare alla storia il nome dei geniali progettisti di Opel – Danny Larsen e Frank Leopold – che purtroppo non videro riconosciuta la grandezza della loro idea. Ma del resto si sa, i geni sono spesso incompresi, al loro tempo.