Ecco cosa succede quando una casa costruttrice pecca di superbia, tentando di replicare una delle automobili da rally più di successo della storia!
Il mondo dei rally è competitivo, duro e tosto da dominare. Non è un caso che anche costruttori con una storia impeccabile come Skoda, Hyundai e perfino Peugeot con la sua dimenticabile 307 WRC del 2007 abbiano incontrato grandi fiaschi, quando non sono stati in grado di proporre qualcosa di sufficientemente moderno sul tracciato! Il periodo forse più difficile da affrontare però fu quello del cosiddetto Gruppo B, dominato da Audi con la Quattro e Lancia con le sue Delta Integrale.
Prima che venisse soppresso nel 1986 in seguito al dramma occorso al pilota Henri Toivonen e al suo navigatore Sergio Cresto che persero la vita in pista, il Gruppo B ha dato vita alla costruzione di automobili davvero estreme. Poche regole e quasi nessun limite di potenza, una combinazione che portò alla nascita di auto leggendarie come la Lancia Delta Integrale o la 037, la Peugeot 205 WRC o a follie come la MG Metro. Non tutte queste vetture, però, arrivarono in tempo per giocarsela.
Una di queste scuderie “in ritardo” – tra cui curiosamente c’era anche Alfa Romeo ma di questo parleremo magari in un’altra occasione – fu Citroen che pure aveva incontrato qualche successo nel mondo dei rally, anche con la storica DS: era quindi legittimo aspettarsi che una vettura derivata direttamente dalla famiglia di questo modello tornasse ad alzare la voce nel mondo dello sterrato, no? E invece, le cose andarono molto, molto diversamente…
La Citroen che non incise
Era il 1983 quando il reparto sportivo di Citroen pensò a qualcosa per sostituire la Visa che competeva nella classe 1.300: per gli ingegneri all’epoca fu naturale guardare alla Audi Quattro, la vettura che più di tutte sembrava dominare quella classe sportiva in particolare: si partì dalla Citroen BX, una berlina di alta fascia della casa con le due frecce, per arrivare a schierare una versione sportiva che sulla carta non aveva nulla da invidiare alle concorrenti.
Ed ecco la Citroen BX 4TC, con una linea spaziale, un motore da ben 380 cavalli derivato dal 2,1 litri a quattro cilindri della rivale Peugeot 505 che, sulla versione stradale che potete ammirare in foto, scendeva però a 200 cavalli. L’auto venne omologata nel 1986, non senza qualche problema, ed iniziò subito la produzione delle 200 unità destinate al mercato civile per ottenere l’autorizzazione a correre come prevedevano allora le regole.
Un fiasco annunciato
Tuttavia, non è tutto oro quel che luccica: fin da subito Citroen Racing fece i conti con un budget assolutamente non all’altezza di quello schierato, per esempio, da Audi e Peugeot che potevano investire molto più denaro per rendere competitive le loro auto. L’automobile ebbe tanti problemi: i progettisti si accontentarono delle sospensioni idropneumatiche, dovettero inclinare di 15 gradi il motore perché non entrava nel cofano – l’auto era troppo piccola – e con un peso di circa 1.200 chilogrammi, l’auto era molto meno potente – in quanto a rapporto cavalli per chilogrammi – anche della piccola 205 francese.
Se escludiamo un ottimo sesto posto ottenuto al Rally di Svezia del 1986 dall’abile Jean-Claude Andruet, la BX finì a traguardo poche volte, spesso evidenziando un’affidabilità davvero scadente e tanti problemi che la casa non aveva soldi e tempo per risolvere. Alla fine, l’entusiasmo per Citroen nei confronti dell’auto si spense al punto che, delle 200 unità “civili”, ne vennero piazzate soltanto 62 con l’ordine della casa di distruggere tutte quelle rimaste invendute!
Per fortuna molti operatori del marchio non hanno obbedito a quest’ordine: sarà pure un fiasco storico, ma oggi, una BX 4TC vale fino a 70mila euro sul mercato dei collezionisti! Mica male…